L’ascesa di una nuova élite politica sotto Trump
Trump 2.0: la nuova élite anti-elite nella politica statunitense. L’attuale presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, si trova circondato da una nuova generazione di politici e funzionari. Questi ultimi sono stati scelti principalmente per la loro lealtà politica nei suoi confronti, contrariamente a quanto promesso nella sua campagna elettorale, dove mirava a rovesciare le “élite corrotte” che affollano l’arena politica americana. Il programma ambizioso della nuova élite politica, che intende ristrutturare il governo federale, è rimasto in parte nell’ombra a causa delle dichiarazioni di Trump su cose come rendere il Canada il 51° stato degli USA e la sua controversa relazione con Elon Musk e alcuni partiti di destra in Europa.
Una lotta contro le élite liberali
Dopo l’inaugurazione di Trump il 20 gennaio, le élite repubblicane più fedeli al leader di MAGA operano in un contesto di controllo del partito. Il progetto politico Trumpista è, in effetti, focalizzato non tanto sulla lotta contro l’elitismo in generale, ma più specificamente su un’élite ben determinata: quella delle democrazie liberali. La propaganda tipica anti-élite sostiene che un leader populista possa esercitare il potere per il popolo senza la mediazione di un’élite disconnessa dai loro bisogni. Questo genere di discorso, come osservato dal teorico politico John Higley, è un segnale di un fenomeno preoccupante per il futuro delle democrazie occidentali.
Populismo e il futuro dell’elite
Un’osservazione interessante viene dall’antropologo Arjun Appadurai, che distingue tra le “rivolte delle masse” del ventesimo secolo e le “rivolte delle élite” del ventunesimo secolo. Questa distinzione potrebbe spiegare il successo dei regimi popolari e autocratici, come quelli di Orban in Ungheria e Erdogan in Turchia, e non solo. Trump, con la sua retorica populista, ha messo in ombra il fatto che è emersa una nuova élite, che ha rovesciato quella democratico-liberalista e moderata. Quindi, questo movimento non solo aspira a cambiare le élite esistenti, ma a discreditare profondamente i valori che queste rappresentano, come il liberalismo.
Il «deep state» come nemico pubblico
Se è vero che ci troviamo di fronte a una sorta di “Muskoligarchia”, come sostiene il Financial Times, è pur vero che la nuova élite trumpiana è caratterizzata da un ecletismo sociologico. Quest’élite è unita più dalla lealtà politica a Trump che da obiettivi comuni. Tuttavia, c’è una convergenza attorno a un’agenda: liberare il governo federale da un presunto “deep state”. In effetti, l’anti-elitismo della nuova amministrazione Trump si basa su questa convinzione che l’élite eletta stia realmente sabotando gli interessi generali. Un esempio estremo è rappresentato da Kash Patel, candidato alla guida dell’FBI, il quale invoca “purges” per punire gli elitisti striscianti tra i Democratici.
Riformare lo stato attraverso la lealtà politica
La strategia della nuova élite non si limita a ridurre la dimensione dello stato, ma mira a de-costruirlo e ricostruirlo per rispecchiare le loro ideologie. Progetti come il “Project 2025”, redatto dalla Heritage Foundation, si propongono di impiegare funzionari pubblici fedeli per implementare la visione trumpiana. Anche se alcuni provvedimenti già presi sono stati annullati dall’amministrazione Biden, Trump è tornato al potere con l’intenzione chiara di ripristinarli. Alla fine, il vero obiettivo non è solo una vittoria temporanea, ma una trasformazione profonda da un elitismo democratico a un elitismo populista. Questo potrebbe avere effetti più significativi sulla vita democratica americana di quanto osservato nel suo primo mandato.